SAN REMO, MUSICAL, AMICI E SPERANZE
Intervista realizzata nel Febbraio 2003
Cè che lo ama e chi lo odia. Chi lo segue ogni sera in tv con passione e chi lo subisce. Cè chi impara a memoria tutte le canzoni e chi non ne vuol sentire nemmeno parlare. Di sicuro fa notizia. Molta. Fra discussioni, dibattiti, liti fra i protagonisti e super-ospiti annunciati, le pagine dei nostri quotidiani nazionali sono da settimane affollate di articoli sul Festival di Sanremo. Questanno il Festival promette di essere più ricco, rinnovato, certamente più interessante per una più vasta parte di spettatori. Nellattesa di scoprire se il Festival della città dei fiori manterrà le promesse fatte, siamo certi che molti appassionati di musical lo seguiranno con occhio più attento del solito. Questanno infatti, il festival della canzone italiana si è ideologicamente gemellato con il teatro. La Autieri, protagonista fino a poche settimane fa di "Bulli e Pupe" alla conduzione e ci dicono molto spazio dedicato ai maggiori musical attualmente sulle scene italiane. Al Festival è presente, tra gli altri, un grande appassionato di musical che è anche un esponente del panorama teatrale e musicale italiano: Luca Velletri, indimenticabile Pilato nel Jesus Christ con Carl Anderson ed Amy Stewart e, poi, Juan Peròn nell'Evita con Bob Simon ed Olivia Cinquemani (oltre che coordinatore vocale di La Febbre del Sabato Sera). |
|
Per la decima volta solista del coro di Sanremo, fra coloro cioè che "mettono le toppe" alle imprecisioni dei favolosi interpreti di casa nostra, i così detti "big" della canzone, fra una prova e l'altra ha trovato il tempo per rispondere a qualche domanda, senza peli sulla lingua e con lo spirito attento e critico che lo caratterizza. Serena Autieri affianca Baudo alla guida del Festival, Fiorello a Radio Due ha annunciato che i cast di "Pinocchio" e "I dieci comandamenti" saranno fra gli ospiti un Sanremo a tutto musical dunque questanno. Secondo te in che misura la musica leggera italiana ed il teatro possono andare daccordo? Io penso che esista uno spartiacque estremamente preciso che differenzia l'artista che si dedica al teatro musicale dal cantante di musica leggera, pop o che dir si voglia, ed è nell'esigenza di un percorso, di una ricerca, necessariamente volti alla preparazione ed al continuo affinamento del proprio talento. Questo per il durissimo approccio che il recitar-cantando pretende per potersi misurare con ruoli a volte drammatici, a volte ironici, quando non sono entrambe le cose. In poche parole lavoro, duro e metodico, in vista di un effettivo incremento delle proprie doti, della propria professionalità. La nostra fiaccola arde e deve continuare ad ardere, alimentata da forte volontà e grande disciplina; e solo uno sviluppo vero di un vero talento può creare quella selezione che, unica, potrebbe portare il livello del nostro musical più vicino a quello dei paesi di grande tradizione. I criteri che governano la musica leggera italiana sono lontani da questo in modo imbarazzante! Le case discografiche, i manager, gli stessi artisti sono in perenne bilico tra l'inventarsi nuovi Ramazzotti ed un mercato discografico che per milioni di motivi (non ultimo questo ) non riesce a decollare. Tutto ciò porta ad un netto scollamento tra la musica reale (quella fatta nei live club, nelle cantine e nelle sale prova, dove ci si misura solo col termometro della passione e del gusto, mille miglia lontano dallo star system!) e la musica dei raccomandati, delle belle faccine, delle meravigliose ragazze di "Pop Star", dei "Carramba Boys", etc. D'altronde son tempi di veline e letterine . E allora dove porta questa strada? Verso una maggiore professionalità, o verso un musical vittima degli interessi dei "produttori di prodotti"? Bella questione. Sono discretamente pessimista. Se la gestione del teatro musicale passerà completamente nelle lunghe mani degli affaristi succederanno, a mio parere, una serie di cose. In primo luogo una estrema spettacolarizzazione dei titoli. Verranno imposte e promozionate solo produzioni enormi e garantite (che condanneranno a morte certa le nuove opere originali); forse si riempiranno i palasport ma si creeranno, secondo me, alcune inevitabili conseguenze. Per il pubblico un innalzamento impressionante dei prezzi, con minori possibilità di fruizione da parte degli appassionati (non tutti possono permettersi biglietti così costosi); per gli artisti una grande restrizione degli spazi, già così esigui, perché i così detti 'teatri storici' per sopravvivere ai mastodonti, si troveranno costretti ad affidare sempre più ruoli a nomi da cartellone, relegando talenti di grande spessore non ancora così noti (quanti ne conoscete? ) a perenni comprimari; per le produzioni la sicura eliminazione delle orchestre, con la conseguenza inevitabile di una totale computerizzazione degli shows. Sembra quest'ultima una cosa indolore e, anzi, dal punto di vista sonoro redditizia ed affidabile: ma, fate attenzione, questa è l'anteprima del playback! Si consentirà così a talenti di plastica e nomi di cartone di correggere in studio ogni stonatura ed imperfezione, donandoci un bel disco ogni sera e non conoscendo più cali di voce e fiaschi nei quali sarebbero senza dubbio incappati. E con palchi così grandi e lontani dal pubblico la manovra truffaldina è assolutamente in agguato. Basta un buon allenamento nel muovere le lebbra e ci caschiamo tutti come pere mature! Non posso farci niente: amo le opere senza trucchi, dove il pubblico è lì addosso e non abbassa mai la guardia, esigente ed implacabile, quel pubblico che fa crescere l'artista replica dopo replica e che da lui pretende solo passione e verità. Amo i cantanti che mi fanno tremare i polsi e che, come dice il "mio" Carl Anderson, non sanno cos'è l'autocompiacimento, e disprezzo con tutto me stesso gli "amici degli amici", i loro meccanismi più o meno chiari. Ah, già, dimenticavo: mi dichiaro prigioniero politico. Tu hai conosciuto, lavorato e spesso collaborato con i cantanti che si sono o si stanno spostando dalla musica leggera al musical: te la senti di dare un tuo parere? Non è mai stata mia abitudine nascondermi, anche se in un ambiente come il nostro è facile dire "sono tutti bravi", e poi mettersi di traverso per non farsi oscurare da chicchessia. Il vero cantante di rock operas o di musical si arricchisce nel confronto con le grandi voci e personalità e, per quanto riguarda me, nel momento in cui ho potuto le ho addirittura imposte! Oggi il teatro musicale sta diventando una sorta di gallina dalle uova d'oro. Certo che quando un genere, diciamo nuovo, si impone, chi non è riuscito a ritagliarsi spazi importanti cercherà lì una nuova verginità, grazie a magie, accomodamenti, amicizie e compromessi tendenti per lo più a nascondere una carenza di talento spesso compensata da ricchezza di malafede. Ciò non vuole affatto dire che nella musica leggera italiana non esistano talenti che potrebbero fare al caso del musical. Certo, la Annalisa Minetti di "Beatrice e Isidoro" mi è piaciuta esattamente quanto quella che vinse Sanremo '98, e cioè: ... Olivia è un caso a parte perché già prima di Sanremo '96 era stata Maddalena per almeno quattro anni e stava realizzando la sua prima Eva Peròn, e poi proprio in Evita è stata mì moje e le mogli picchiano duro, dunque (Oli, ti bacio). Arianna, bimba deliziosissima, fidanzata per molto tempo di un mio caro amico, si presentò al Festival in punta di piedi con precedenti Disney (che sono anche i miei), ma già col cipiglio della ragazza determinata ed ambiziosa che è. Ricordo ancora lo scorso 18 ottobre (S. Luca ), giorno in cui il grande Elie Chouraqui scelse il primo cast per la versione italiana di Les Dix Commandements e tra i ruoli principali diede ad Ari quello splendido di Nefertari. Quando lei mi chiamò per dirmi di aver deciso di non voler stare più lì e di aver accettato il ruolo della Fatina in "Pinocchio", capii perfettamente quanto la bambola avesse le idee molto chiare. Anche Chouraqui le aveva, altri molto meno Riguardo Serena Autieri: è tanto bella e deliziosa quanto una ragazza che si mette continuamente in discussione. Potrebbe con la sua bellezza pretendere di conquistare un posto al sole (! ) molto meno rischioso, ma è di razza buona e non si sta affatto accontentando. Proprio grazie al musical (lei ha visto me ed io lei) il nostro rapporto è assolutamente speciale all'interno del carrozzone Sanremo, se è vero che abbiamo un confronto continuo, fatto di occhiate, smorfie e ricerca di piccole conferme che, dalla rampa di lancio su cui lei si trova, potrebbe anche giudicare inutili. Ma tant'è: chi sa la fatica, annusa e poi sceglie chi gli è più simile Riguardo alla nidiata dei 10 Comandamenti sarò preciso. Rob Tiranti, mio amico, splendida vocalità, vi colpirà di sicuro. Comunque andrà, resta sempre il cantante dei Labyrinth e il suo gruppo Heavy-Metal ha una larga fetta di pubblico affezionato in tutto il mondo: fò il tifo per lui. Barbie Eramo, mia amica, è un'interprete della mediterraneità come pochi in Italia. E' tanto solare e tanto suggestiva da aver lasciato al Festival un ricordo ancora vivo e bello. Comunque vada, ha alle spalle un album stupendo (con ospiti come Ivan Lins ), canzoni e progetti per un magnifico futuro: fò il tifo per lei. Daniele Vit, mio amico, è uno dei giovani cantanti cui ho voluto più bene da tempi assolutamente non sospetti! Ha un voicing così aperto, elegante, che mi ricorda tanto alcuni momenti del mio amico e rimpianto compagno di leggio Alex Baroni. Anche lui ha progetti, canzoni e possibilità tali da riuscire ad imporsi lui stesso comunque vada: fò il tifo per lui. Tutti e tre vennero scelti direttamente da Chouraqui il famoso 18 ottobre (S. Luca ) Sergio Moschetto. E' arrivato al Festival proveniente dall'Accademia di Sanremo diretta da Giancarlo Golzi, guarda caso, direttore artistico dei 10 Comandamenti E' inutile che io spieghi il rapporto tra il Festival e coloro che arrivano dall'Accademia. Domandate ai discografici dell'allora Sony-Columbia quando arrivarono i vincitori dell'Accademia di quell'anno, i leggendari liguri (! ) Nitti e Agnello .O meglio: chiedete un parere sull'Accademia al mio tenero amico e concittadino Tiziano Ferro, (il fenomeno musicale dell'anno passato), visto che ha partecipato per diversi anni alle selezioni dell'Accademia arrivando sempre ad un passo dal partecipare al Festival e puntualmente scavalcato dai vari Moses e compagnia cantante. Solo secondi dietro ai miei Gazosini (di Jessica dei Gazosa sentirete parlare presto), i Moses portarono una canzone chiamata "Maggie", diretti dal mio amico Vince Tempera e fui proprio io (succede spesso) a cantare armonizzazioni e parti aggiunte di quel brano: ho avuto modo dunque di saggiare molto precisamente le sue caratteristiche vocali. La sua voce è aspra, con una predilezione per una timbrica rock duro anni '70, volume, spinta e un certo acuto in falsettone che Vince Tempera dovette sottolineare con l'inserimento nella canzone di una assolutamente inidonea battuta di 6/4, dove l'orchestra si fermava e lo lasciava urlare. Voce forte ma non precisissima riguardo non tanto l'intonazione (comunque discutibile), ma soprattutto riguardo i pianissimi, i filati, il vibrato e l'assoluta carenza di dinamiche, di colori e sfumature. Ma il problema vero è altrove. Io conosco Les Dix e so che Mosè è bontà e dignità, così come Elie Chouraqui cercò in Daniel Levì e Ahmed Mouici gli stessi stereotipi usati da Cecil B. De Mille con Charlton Heston e Yul Brinner: l'amore contro il potere, il sogno contro l'ambizione, la bellezza contro l'imponenza. Così sono stati incastonati sentimenti ed ideali, gli stessi che legano assieme le tre grandi religioni monoteiste, attraverso le musiche di Pascal Obispo che sottolineano il dramma interiore di Mosè, dilaniato fra l'amore per chi lo ha cresciuto e il richiamo di un popolo che pregava per la venuta di un padre buono ed amorevole che lo guidasse, anche attraverso sangue e lacrime, verso un meraviglioso sogno, una grande illusione, una nuova vita: il riscatto. Mosè è colui che durante le dieci piaghe piange quelle lacrime che suo fratello Ramses, accecato dall'ira e dal potere, non avrebbe mai potuto piangere. E' Mosè-Levì la voce più morbida, elegante, virtuosa e virtuosistica dell'opera, rispetto a quella di Ramses-Mouici più dura, tagliente e aggressiva, a sottolineare la grandeur e la faraonicità del figlio di Seti I. Il mio pensiero è che questo Mosè, se riuscirà, non potrà che essere comunque l'opposto di quello che Chouraqui ha voluto in Daniel Levì e in altri (!! ), e che De Mille cercò in Heston. Se non riuscirà, si potrà comunque avvalere di quanto la tecnica dei recording studios mette oggi a sua disposizione, visto che come per Notre Dame mancherà l'orchestra, e con i computer etc. etc. Ma di questo ho già detto. E potrà al fine concentrarsi sull'entrare nel cuore, nel mondo interiore di Mosè, che non può essere interpretato con l'attitude di Jafar (!), ma necessita di grande attorialità, senso del palco, degli spazi e delle geometrie esterne ed interiori ma qui farei notte, dunque meglio lasciar stare. Una sola aggiunta. Tutto ciò che ho detto in quest'ultima parte prendilo, ribaltalo di netto, e avrai ciò che penso di Renata Fusco, mia tenera sorella, mia Lilly ed io suo vagabondo (Disney ), mia battaglia personale nel teatro musicale italiano assieme alla strepitosa Franci Taverni. Renà, sii forte e non cambiare mai: avrai molto, ma molto di più . Il fatto che questi musical vengano presentati al grande pubblico della prima serata della RAI, in un contesto prestigioso come quello del Festival, può significare secondo te che la cultura del musical sta contagiando il nostro Paese, o si tratta solo di una moda passeggera? Le avvisaglie di un allargamento del bacino di utenza del musical in Italia le abbiamo percepite da tempo. S'è forse definitivamente chiusa l'era in cui tutti noi appassionati eravamo oscuri carbonari nel nostro ghetto di cassette doppiate da cassette doppiate da cassette doppiate .Ora i principali distributori hanno individuato una possibilità di mercato nel musical e finalmente qualche CD originale riusciamo ad acquistarlo o a reperirlo un po' tutti (grazie anche al fondamentale apporto della lista!) Così come con Jesus Christ, il Rocky, Evita ed ora con Chicago (speriamo presto con Phantom e Cats) la cinematografia ha, a suo modo, consentito l'ingresso del musical nel salotto buono da cui era ingiustamente escluso. Certo Sanremo, con i suoi milioni di telespettatori, può consentire a tanto pubblico ignaro di conoscere l'esistenza di un genere di spettacolo maledettamente fatto apposta per il gusto italiano, così impregnato di Verdi e Puccini come dei tradizionali classici targati Garinei & Giovannini. Il pericolo sta nella personalizzazione di questo genere, ai livelli più bassi. Così come per conoscere Marco Guerzoni (anche lui ex Sanremese) e Vittorio Matteucci, si deve by-passare la definizione "il musical di Cocciante", mi auguro che Arianna & c. non debbano soffrire tanto della sindrome da "musical dei Pooh". Ve la immaginate un'ignara coppietta dire: "bravi, ma i Pooh? Mah, forse sono i sostituti. No, sono i figli, lo diceva la canzone stessa .c'è Robby! A Robby Sfacchinetti, cantace piccola Ketty!" .(Un bacione a Roby, che con Dody ad una replica di Jesus mi fece piangere. T.v.b.) D'altronde Giò Di Tonno (vedi Sanremo pure lui), come già Garou, non cerca forse la voce di Cocciante? Al Festival lo sentivo cantare con tutt'altro suono .e allora che si fa? In America, tale Liberace, non eccelso pianista, più famoso per giacche sgargianti ed anelli vistosissimi, riuscì col suo particolare personaggio nell'impresa di portare Chopin e Mozart nelle case degli americani degli anni '50. Se tanto mi dà tanto, quindi, ben venga la promozione (ben pagata!) dei musical a Sanremo, se potrà portare nuovo pubblico e possibilità a questo sogno che amiamo così tanto. Forse allora ci sentiremo un po' meno alieni e un po' meno soli. Sale però una flebile vocina dai nostri cuoricini innamorati: ci venga almeno lasciato il nostro sacrosanto diritto alla primogenitura .. Un abbraccio da uno di voi. Luca. Stefano Maggi |