LA LUNGA STRADA VERSO CHICAGO
Intervista realizzata il 5 Marzo 2004
Pierpaolo Lopatriello, la tua carriera sta vivendo un periodo pieno di soddisfazioni, ma quanto è stata dura la gavetta? In un'epoca in cui la parola gavetta sembra quasi sconosciuta, posso dire con orgoglio di avere compiuto un lungo e difficile percorso, oggi finalmente premiato... Pensa solo che ho messo piede sul palcoscenico la prima volta a 19 anni, ed oggi ne ho 36 suonati! Ogni difficoltà, ogni piccola conquista, anche i mille ripensamenti di tutti questi anni mi permettono di vivere questo momento con estrema serenità e la consapevolezza che c'è un tempo per ogni cosa e che la ricetta per farcela è un misto di tenacia, talento, fortuna e tanta ironia... |
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Tu hai lavorato con mostri sacri del calibro di Tato Russo, Massimo Piparo, Giuseppe Patroni Griffi in grandi allestimenti come I Promessi Sposi, Il Ritratto di Dorian Gray, My Fair Lady, Hollywood, quanto hanno contribuito alla tua crescita artistica questi maestri del teatro musicale italiano? Devo tanto, se non tutto, ai registi con
cui ho lavorato... Ma non smetto di ripetere che devo moltissimo a Massimo Ranieri: è
stato lui a darmi la possibilità del grande salto scegliendomi per "Hollywood",
una delle esperienze teatrali che più ho amato: e questo grazie a Patroni Griffi, geniale
e istintivo, e ad un cast meraviglioso che ha saputo lasciare un segno nel panorama
italiano... Molto più soft e rilassato è stato il lavoro con Massimo Piparo, ma non per questo meno gratificante: grande libertà d'azione e, soprattutto, la prima occasione per uscire dal coro con ruoli ben definiti. Hai recentemente lavorato in Lady Day a fianco di Amii Stewart, una produzione molto apprezzata da pubblico e critica, quali emozioni ti ha dato ? Lady Day aveva il suo punto di forza,
ovviamente, nella grande Amii Stewart, voce e carisma senza confronti, e nell'ottima
orchestra che ci accompagnava suonando gli standard più belli del blues e dello swing... Passiamo a Chicago. Tu stai lavorando nella prima produzione italiana di un musical curata direttamente dallo staff artistico originale americano, parlaci di questa esperienza, magari raffrontandola coi metodi produttivi delle produzioni nostrane. Non ho dubbi nel poter dire che lavorare
con il team angloamericano di Chicago (Scott Faris, Gary Christ, Corin Buckeridge, Melissa
King e Steven Palin) è stata un'esperienza artistica ed umana ineguagliabile. Tu avrai sicuramente visto la versione teatrale originale e quella cinematografica di Chicago, avete tentato di dimenticarle per evitare il rischio dell'imitazione o l'avete tenute presenti come modello da cui partire? La versione cinematografica di Chicago -
questo va ricordato come un imperativo! - va dimenticata per apprezzare il musical:
Hollywood ha dovuto seguire schemi ben lontani dalle atmosfere originali e la versione
teatrale non ha bisogno di lustrini ed effetti speciali per arrivare al cuore. Che tipo di percorso hai affrontato per costruire il divertente ma complesso personaggio di Amos "Mister Cellophane" Hart? Non immagini quanto sia stato complesso
eppure gratificante il lavoro su Amos!!! Il rischio era quello di farne una Trova una piccola definizione per ciascuno dei tuoi colleghi in "Chicago", Lorenza Mario, Maria Laura Baccarini, Silvia Querci, Luca Barbareschi, Manuel Mensà. Premetto, se mai ce ne fosse bisogno, che
il nostro è un cast eccezionale dal punto di vista artistico ed umano: anche il rapporto
tra noi è stato influenzato dall'assoluta serenità degli americani... Come sta reagendo il pubblico? Devo dire che tutto è andato in modo
talmente perfetto da farci tuttora pensare che si tratti di un sogno... Il pubblico
partecipa allo spettacolo con risate, applausi, mormorii, apprezzamenti... La critica ti ha premiato con entusiasmo, qual è stata la recensione che ti ha fatto più piacere? Non posso ancora credere al fatto che
tutte le maggiori testate nazionali abbiano parlato di me in modo lusinghiero... |