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IL GIUDIZIO UNIVERSALE
Storia,
Testi e Libretto: Stefano
Sauro
OPERA
MUSICALE IN DUE ATTI
LIBERAMENTE ISPIRATA
ALLA VITA DEL PITTORE
SICILIANO GIUSEPPE
SALERNO DETTO
E’ nostra, ma è di tutti. E’ la storia di un Quadro e del suo pittore, Giuseppe, del suo amore per l’arte e del suo amore per Fatima. E’ una storia di migranti, di figli partiti e mai tornati, di gente povera ma dal cuore grande. E’ una storia di mafia, d'oppressori e d'oppressi. E’ la storia di Donna Caterina e del suo potere, terribile ape regina di un paese di Sicilia ma qualunque. E’ la storia di Don Carlo, figlio di Donna Caterina, braccio armato della madre e uomo spietato. E’ lei, temibile femmina, che decide le sorti e la vita del suo popolo, schiavo, tremante al suo cospetto, umile e sempre omertoso. Tra questi Pietro padre di Fatima, uomo debole, figlio della terra, una vita di stenti, lunghi silenzi e continue riverenze a Donna Caterina. E’ la storia di un gruppo di giovani che vogliono chiudere con il passato e diventare protagonisti e artefici della loro vita, ispirati dal vento di scirocco, vento di libertà, portato da Giuseppe e dal suo migliore amico Baldo, costruttore di strumenti, figlio di altre terre che, come spesso accade, si innamora, da straniero, della meravigliosa Sicilia. Giuseppe, partito da piccolo dal suo paese a causa della “strana” morte del padre, rientra da fuori dopo una lunga assenza. Diventato pittore noto e di fama nella grande città, decide di portare la sua arte al suo paese natio, mai dimenticato. Al suo rientro, all’interno di un tipico mercato mediterraneo, ritrova Fatima, amica d’infanzia ed ormai meravigliosa ragazza. Tra i due è subito amore, ma nessuno in quel paese può amare senza il benestare di Donna Caterina. Peggio ancora se ad amare Fatima c’è anche Tindaro nipote di Donna Caterina, figlio di Don Carlo. Tra minacce di morte, commissioni di quadri, preti corrotti e agguati assassini, i due amanti lotteranno ed urleranno il loro amore ma come spesso accade nella nostra terra, il vento di scirocco che d’à la vita e tutto rende nuovo cede il posto alla fredda tramontana che porta grandine, tempeste e tutto uccide. Fatima muore, uccisa per errore dietro ordine di Donna Caterina e come spesso accade, in un’inversione di corso innaturale, la morte genera vita. Quel desiderio che ardeva profondo, nei cuori dei giovani paesani, quella visione che voleva avverarsi, quella speranza di vivere liberi, tutto questo diventa realtà. Il popolo grida vendetta, il popolo si incorona sovrano. E Giuseppe? Non c’è vendetta. Non ricambierà la morte con la morte. Lui non è un assassino, ma la rabbia è tanta e va sfogata. Nel bene e nel male l’arte è stata sempre la sua arma più forte, la sua risposta, la sua rivalsa. Donna Caterina voleva che dipingesse il Giudizio Universale e cosi sarà. Paradiso, Purgatorio, Inferno. Ad ognuno il suo anello. Il giudizio di ogni uomo spetta a Dio, alla sua mano punire i malvagi. Tutti compariranno al suo cospetto e ognuno prenderà il posto che merita, cosi, come se svanissimo tutti , anche noi, dentro un quadro diventando noi stessi parte del quadro. Sinossi I° Atto Pene e Sofferenze: Ci troviamo nella piazza principale del paese, luogo di ritrovo e centro nevralgico della vita paesana. E’ finito da qualche ora il funerale del Salerno, padre di Giuseppe e tutti chiacchierano davanti il sagrato della Chiesa Madre che domina la piazza. Per tutti l’argomento è lo stesso, la morte di quell’uomo e il futuro degli eredi: il piccolo Giuseppe e la madre. I due stanno per partire. La madre disperata si è rivolta ad uno dei fratelli che vive nella grande città, il quale si è offerto di aiutarli. Nessuno si volta ha regalare un saluto, un sorriso. La gente ha già tanto di cui soffrire che non può e non vuole addossarsi le sofferenze altrui. Un carretto li aspetta per portarli via. I due stanno per salire quando, da un gruppetto di bambini che giocano tra la folla presente in piazza, arriva un raggio di luce: Fatima. Compagna di giochi di Giuseppe. Matri mia matri tua: Passano vent’anni. Un pover’ uomo aspetta davanti all’ingresso del salotto di Donna Caterina, ha bisogno di conferire con lei. Donna Caterina altri non è che l’ape regina dell’alveare. E’ lei che comanda in paese, è lei che decide le sorti e la vita dei paesani. Dalle piccole cose alle grandi mette sempre l’ultima parola su tutto e tutti ricorrono a lei per consigli e problemi vari. Con lei vive e governa il fedele e perfido figlio Carlo, uomo temibile e braccio armato della madre. Furba e violenta si ritrova al potere e ci rimane grazie al suo carattere risoluto e per molti aspetti mascolino. L’uomo in attesa di conferire con la signora si chiama Pietro. Ad attendere con lui ci sono i picciotti di Don Carlo In obbligo per sempre: La parola è data a Pietro. Gli hanno rubato l’asino, la sua unica ricchezza, il suo grande amore. Si inginocchia e canta la sua disperazione. Chiede, con profonda umiltà, di essere aiutato nel recupero dell’asino. Donna Caterina l’ha già aiutato diverse volte e lui rimane e rimarrà sempre in debito con lei. Il problema è già chiarito: Donna Caterina riprende la parola e comunica che aiuterà il povero uomo. Si canta buona, generosa, madre protettiva, clemente e giusta, prima o poi tutti hanno bisogno di Donna Caterina. Pietro, altri non è che il padre di Fatima. Il mercato: E’ primavera. Alba. La bella stagione al suo arrivo non viene mai a mani vuote, porta sempre qualcosa di nuovo e quest’anno la novità è sconvolgente. Dopo vent’anni, infatti, rientra Giuseppe. Non torna da solo, assieme a lui c’è Baldo, figlio di altre terre, grande amico del pittore, costruttore di strumenti. Viaggiano su un carretto. Per Giuseppe la felicità è tanta. Non riesce a contenere la gioia. I ricordi prendono d’assalto la mente, c’è tutto l’amore per il suo paese da narrare. Arrivati, i due vengono richiamati da grida e rumori, la strada che fino ad un attimo prima era vuota, prende vita e inizia a riempirsi di gente e bancarelle. Il martedì in quel paese c’è il mercato. Ben trovati: Ma un viso nuovo è subito notato, e la curiosità è tanta, così, una mercante, chiede a Giuseppe chi fosse e da dove venisse. Giuseppe si presenta. Canta di se e in particolare della sua arte e della sua pittura. Spiega il perché del suo rientro, la sua fama è cresciuta, ormai è un pittore rinomato e vorrebbe fare qualcosa per il suo amato paese. L’arrivo di Giuseppe risveglia nei picciotti di Don Carlo, presenti al mercato, sentimenti antichi ormai assopiti. Dopo essere venuti a conoscenza dell’identità del ragazzo, corrono dalla loro padrona a riferire. Cosa è venuto a fare? Vorrà forse vendicare la morte del padre? In quel mercato fra i tanti volti Giuseppe riconosce il volto di Fatima ormai giovane e bellissima donna. Assieme a lei c’è Tindaro nipote di Donna Caterina, che come ogni martedì la accompagna al mercato. Mi basta guardarli: Ci ritroviamo nuovamente nel salotto della signora. Donna Caterina è stata informata dai suoi picciotti dell’arrivo del pittore. La notizia ha infastidito l’animo sereno della Signora. Decide comunque di restare prudente con l’intento di tenerlo sottocchio, capire i motivi del suo rientro, conoscerlo meglio e approfittare della sua presenza per arricchire i palazzi spogli d’arte. Donna Caterina ha deciso di commissionargli un po’ di opere. Ordina al Picciotto di rintracciare Giuseppe, vuole parlargli. Rimasta da sola, canta il suo potere. Entrano Tindaro e Fatima. Tindaro vuole presentare Fatima alla nonna. Il fine è semplice, spera che la nonna, con la sua capacità persuasiva, riuscirà a convincere Fatima a sposarlo. La nonna la fa accomodare ed è come se iniziasse un interrogatorio. Il tono è leggermente minaccioso, di certo non simpatico. La situazione è peggiorata. Tindaro sperava che l’intervento della nonna fosse risolutivo, ma accade il perfetto contrario. Fatima è ancora più lontana e sempre più attratta da Giuseppe. Abbiamo appreso: Avvengono due scene contemporaneamente. Da un lato siamo ai bordi di un ruscello. Entrano le comare, dopo loro Nonna Sisina e Fatima. Lavano i panni. Nonna Sisina si alza lentamente e comincia a cantare. Canta le donne siciliane, chi sono, le fatiche, il duro lavoro, il pane, i fazzoletti in testa, il rispetto per la terra, i pregiudizi, la devozione ai mariti, alla famiglia e la fede in Dio. Dall’altro lato ci troviamo nello studio del pittore. Le scene si alternano. Davanti a lui una tela. Donna Caterina gli ha commissionato la realizzazione di un dipinto con soggetto la Madonna delle Grazie ed ha richiesto che sul volto di Maria venisse impresso il suo. Giuseppe sta vivendo, e lo canta, un dissidio interiore. Il suo cuore è spinto da due motori: l’amore di sempre per la sua arte, è un amore nuovo, esploso da qualche giorno, per la ritrovata Fatima. Il quadro inizia a prendere forma, si delinea un volto. Giuseppe ha involontariamente dipinto nel volto di Maria il volto della sua amata. So chi amare: I due innamorati spinti dai consigli delle rispettive persone care, Nonna Sisina e Baldo, si cercano e si trovano. Giuseppe le afferra la mano e la invita ad entrare in casa, nel suo studio, vuole fargli vedere il quadro che ha dipinto. Finalmente sono da soli, capiscono entrambi che quello è il momento giusto, è l’ora di dichiararsi. Credo nell’amore: adesso sono entrambi più felici, sanno di amarsi reciprocamente, se lo sono detti. Si avvicinano alla porta, Fatima deve andare. Rimangono fermi sull’uscio di casa. I loro occhi brillano, ormai sono a pochi centimetri, l’uno di fronte all’altro, stanno per baciarsi ma la loro passione li ha spinti all’imprudenza. Davanti ai loro occhi, compare Tindaro. Quello che Tindaro temeva si è verificato, i due si amano. Tindaro, rimasto da solo, canta disperato la sua rabbia, il suo dolore e la sua gelosia. Tindaro ha sempre amato Fatima e non permetterà a nessuno, tantomeno ad un pittore di portargliela via. Per questo chiede aiuto alla nonna. Donna Caterina provvede immediatamente. Convoca Pietro e lo minaccia. Sarà lui a convincere la figlia a sposare Tindaro. Pietro non prova il minimo accenno di reazione, è un uomo di parola e manterrà la promessa data. Servirà sempre la Signora con devozione. Questo è il volere di Donna Caterina e lui farà di tutto per accontentarla, anche contro la propria volontà, anche contro la volontà delle persone a lui care. Senti come tremo: Ecco le comare, abiti neri, gonne lunghe, mantelle in testa. Tutte a piedi nudi, in processione stanno facendo il viaggio scalzo per devozione a San Giuseppe. Sono concentrate nella recita del Rosario quando d’un tratto vedono arrivare la giovane Fatima di corsa. E’ in ritardo rispetto all’orario di partenza. Le comare più giovani la guardano e sorridono, le più anziane tra le quali Nonna Sisina hanno sguardi più severi. Dalla finestra del suo studio assiste a questa scena, divertito, Giuseppe. Stava per recarsi ad un appuntamento con Donna Caterina, ma appena vede arrivare Fatima i programmi saltano. E allora scende giù e decide di completare quello che Tindaro la sera prima aveva maldestramente interrotto. Le va incontro, lei rimane sorpresa ma è felicissima nel rivederlo. Le comare sorridono, ormai in paese tutti sanno. La prende e la porta via. Fatima lo segue emozionata. Si guarda attorno con prudenza. Il suo cuore è in fibrillazione, capisce che qualcosa di meraviglioso sta per accadere. Giuseppe la porta, correndo, verso un piccolo vigneto presente nelle vicinanze. La fa sedere a terra, in un angolo, al riparo da sguardi indiscreti. Lui si siede al suo fianco, le canta le ultime parole d’amore, lei risponde con altrettante parole d’amore. II° Atto Carissimo prete: Siamo all’interno della chiesa Madre. Al buio in preghiera un prete, Padre Cosma. C’è silenzio. Entra un uomo alto, scuro in volto, ben vestito, con la coppola. Si inginocchia nel confessionale. Non si toglie la coppola. E’ Don Carlo rientrato dal viaggio. Vuole confessarsi. L’uomo svela al parroco il piano di Donna Caterina la quale vuole commissionare a Giuseppe la pittura del Giudizio Universale e così facendo costringerlo a partire. Mentre lui sarà fuori in cerca dei materiali e dei temi da trattare nella composizione artistica Padre Cosma sposerà Fatima e Tindaro. Sono un uomo d’onore: La situazione è sempre più complessa. Da un lato le pressioni di Donna Caterina, dall’altro Pietro prova a convincere Fatima. Il monito di Donna Caterina non ammette riflessioni, c’è in gioco la sua vita è quella della figlia. Di certo soffre per Fatima, soffre nel doverla convincere e nel porre ostacoli al suo amore. Bisogna essere risoluti, un minimo tentennamento può far desistere Fatima. E’ in debito da sempre con Donna Caterina e Fatima, suo malgrado, accetterà la decisione. Nonna Sisina assiste alla scena disarmata. Se due voci: Baldo ha da poco finito di costruire il suo ultimo strumento, inizia a provarlo strimpellando alcune note. Parte la musica. Baldo canta la sua canzone e pone un paletto su tutto lo spettacolo. E’ l’inizio della fine, la tragedia che si consuma. Canta le contraddizioni della Sicilia le sue magnificenze e i suoi limiti. Mentre canta vede uscire dalla porta della taverna Giuseppe, è ubriaco. Giuseppe è stato scaraventato fuori dalla taverna dai picciotti, che come tutte le altre sere trascorrono in compagnia di Don Carlo le ultime ore delle giornate a bere. Prosegue la canzone Giuseppe. Canta la sua rabbia contro Donna Caterina, contro il suo potere, contro l’omertà del paese. E’ stanco di questi soprusi, è stanco della gente che si vende al suo potere, non sopporta le angherie di Don Carlo, la sua cattiveria gratuita, vuole dire basta a tutto ciò, vuole reagire e vuole che la gente reagisca. Contemporaneamente una piccola folla di paesani si raccoglie all'esterno della taverna, altri allertati dalle urla di Giuseppe escono fuori dalle case o si affacciano alla finestra. Questa terra ti è vietata: Don Carlo ha ascoltato con attenzione le parole di Giuseppe. Decide di ucciderlo. I picciotti aggrediscono Giuseppe e lo prendono a mazzate. Baldo scappa in cerca di aiuto. Giuseppe rimane solo, preda dei suoi assassini e vittima dell’omertà dei paesani che, affacciatesi alla scena da diversi angoli, rimangono impauriti a guardare. Il perfido uomo, tira fuori dal taschino un coltello e si avvicina a Giuseppe che giace sfinito a terra. Prima di ucciderlo vuole svelargli il segreto. È stato Don Carlo ad uccidere il Padre di Giuseppe ed anche lui morirà per mano sua. Sembra la fine. Ma interviene Baldo e con lui un gruppetto di amici, ragazzi conosciuti in paese, gente che vuole e ha sempre desiderato ribellarsi al potere della Signora E’ la prima vera reazione del popolo al potere mafioso della Matrona. Le coscienze sono scosse. Come vento di scirocco: Giuseppe non è morto. Ma la sua gamba ha bisogno di cure. La lama è arrivata in fondo e la ferita continua a sanguinare. La medicina locale ha potuto fare poco, anzi niente. I pochi medici presenti in paese, dietro le direttive di Donna Caterina, si sono rifiutati di curarlo. Donna Caterina invece è molto preoccupata, il popolo mormora e questo non era mai successo e le riverenze e gli inchini iniziano a diminuire. Tindaro dopo i fatti accaduti sembra si stia rassegnando, ma l’aria ormai è densa di rabbia e promette sviluppi drammatici. Fatima rimane nascosta, da sola, nella sua stanza. Non si dà pace, si sente in colpa per quello che è successo. Con il suo modo di fare, con la sua voglia di ribellione ha messo in pericolo la sua vita, quella del suo amore e quella di suo padre. Ormai ha deciso. L’unica soluzione è sposare Tindaro, il suo sacrificio per la gioia delle persone care Gioia mia, figlia mia: Si apre la porta della camera. Entra nonna Sisina. Non è sola, con lei c’è Baldo e subito dopo, zoppicante e ancora ferito, Giuseppe. Grazie all’aiuto dei ragazzi conosciuti in paese, sono riusciti ad eludere la sorveglianza dei picciotti e raggiungere la casa di Fatima. Nonna Sisina canta con il cuore pieno d’amore e tristezza. Lei vuole solo che la nipote sia felice, non importa nient’altro, anche a costo di non rivederla mai più. E’ lei ad architettare e svelare il piano. Fuggiranno via prima che sorga il sole. Quanta fatica: Ma nell’oscurità della scena un uomo piange. In silenzio, nascosto nel buio c’è Pietro. Ha sentito tutto e non permetterà che l’affetto più grande della sua vita, il motivo principale della sua esistenza vada via. Dovrà impedirlo. Con l’intento di fermarli racconterà tutto a Donna Caterina. Sarà lui stesso, con il suo immenso amore per la figlia, il fautore della tragedia. Non cadere foglia di tiglio: E’ quasi l’alba. Escono dall’abitazione in silenzio. Sono pronti a partire. Baldo raggiunge il carretto e sale per primo, porta con sé la valigia. Dopo di lui arriva Giuseppe zoppicando. Fatima rimane dietro, sull’uscio di porta. A salutarla c’è nonna Sisina, in loro la speranza di rivedersi. Giuseppe si appoggia sul carretto, si gira e aspetta Fatima. Con decisione la ragazza si gira e di scatto va, correndo, verso il suo amore. Si sente un botto. Fatima rallenta, si piega sulle ginocchia. Involontariamente, si è messa tra Giuseppe e la pallottola sparata da uno dei picciotti di Donna Caterina, assoldato per uccidere Giuseppe. Fatima muore. Tutto adesso è cambiato, il popolo non perdonerà Nebbia fitta scuru e scantu: Buio e nebbia fitta, la tristezza regna. Donna Caterina ha paura. Delle strane figure, nascoste nel buio, la stanno seguendo. Delle ombre nere e spaventose chiedono la sua vita. Si sente braccata, perseguitata. Anche il figlio, Don Carlo è seguito da ombre sconosciute, anche lui mostra il suo lato più debole, anche lui, re del terrore, sprofonda nel panico e capisce che qualcosa di grave sta per accadere. Gli scagnozzi stavolta non sono con loro. Delle voci nell’oscurità cantano. Oggi noi cambiamo la storia: Dalle diverse vie che danno accesso alla piazza compaiono uomini e donne armati di ogni cosa. A capo di questi ribelli c’è Baldo. Si sta per porre fine al potere di Donna Caterina. In soccorso dei due arrivano gli scagnozzi. Guerriglia. Don Carlo e i suoi picciotti vengono catturati e immobilizzati, consegnati finalmente alla giustizia. Nella confusione però Donna Caterina è riuscita a defilarsi e rifugiarsi all’interno della Chiesa Madre in cerca di riparo. Come fredda tramontana: e Giuseppe? Non c’è vendetta. Non ricambierà la morte con la morte. Lui non è un assassino, è un artista. Ma la rabbia è tanta e va sfogata. Nel bene e nel male l’arte è stata sempre la sua arma più forte, la sua risposta, la sua rivalsa. Donna Caterina voleva che dipingesse il Giudizio Universale e cosi sarà. Paradiso, Purgatorio, Inferno. Ad ognuno il suo anello. Il giudizio di ogni uomo spetta a Dio, alla sua mano punire i malvagi. Tutti compariranno al suo cospetto e ognuno prenderà il posto che merita, cosi, come se svanissimo anche noi dentro un quadro diventando noi stessi parte del quadro. Il Giudizio Universale (musicale) : Dal Paradiso all’Inferno, Giuseppe, compone il suo quadro. Tra le fiamme dell’inferno, sopra ogni altro, spiccano i volti di Don Carlo e Donna Caterina. La sua vendetta è compiuta. Rimane il dolore fisico. La gamba ormai è in cancrena, l’emorragia inarrestabile. Sfinito, cade a terra. Moribondo giace sotto la tela appena finita. Chi mi salva: Donna Caterina entra, correndo, all’interno della chiesa. Il Giudizio Universale è alle sue spalle, l’oscurità impedisce all’occhio malvagio della Signora di vederlo. Non vede nemmeno Giuseppe, sdraiato a terra, senza forze. Chiede aiuto, è pronta a dare tutti i suoi averi pur di ricevere un piccolo aiuto. Questa terra ti è vietata (La solitudine): Si sente una risata, è Giuseppe. La signora lo intravede. L’odio è reciproco. La prudenza usata nella gestione della faccenda non è servita a niente. La sua famiglia ormai è distrutta. Rimane solo la disperazione di chi si aggrappa agli ultimi eventi per ribaltare un destino ormai segnato, la speranza di chi, legato al dominio e al comando, non vuole rinunciarci. Donna Caterina tira fuori un coltello dal largo vestito che indossa e si avvia decisa verso Giuseppe. Ma il quadro s’illumina improvvisamente e compare maestoso davanti agli occhi sorpresi della Signora. Le gambe iniziano a tremare, tanta bellezza non l’aveva mai vista. Ha paura, adesso panico, la testa comincia a girare, le vertigini arrivano fino al cuore, le allucinazioni prendono il sopravvento. Giuseppe allora le svela la sua vendetta; il suo volto e quello del figlio Carlo impressi nel quadro, condannati alle sofferenze dell’inferno. Guarda il quadro con gli occhi sgranati. Le pupille stanno per uscire dalle orbite. Il quadro inizia a muoversi, ad ondulare e prende vita. Dalla tela escono mani, piedi, visi angelici e visi mostruosi. Tutto si muove. La terra sotto trema e sopra l’aria è densa di confusione. I personaggi del quadro prendono vita, escono dal dipinto, la chiamano, la sfiorano. Sente la pazzia, il suo cervello sta per scoppiare, non sa spiegarselo, non riesce a darsi una ragione. Il cuore inizia a battere più forte, il battito è irregolare, accelera in maniera esponenziale, sente un botto all’interno. Le anime, uscite dal quadro raccolgono il suo corpo e lo conducono dentro al quadro, sotto gli occhi di Giuseppe, vendicato dall’arte che ancora una volta l’ha difeso. Dormi amore mio: Giuseppe rimane da solo, negli ultimi attimi della sua vita. Anche lui sta per morire. Tutto gli scorre davanti. Canta per l’ultima volta. Chiama il suo amore affinché, come un angelo, venga a prenderlo, affinché, con un sorriso, venga ad abbracciarlo. Epilogo: I suoi occhi ormai sono appannati. Tra la nebbia che circonda i suoi occhi vede un piccolo angelo avvicinarsi. Schiarisce gli occhi, non è un angelo ma una bimba meravigliosa. La riconosce, è la splendida fanciulla che da bambino l’ha salvato: è Fatima. La bimba va verso Giuseppe lo prende per mano e lo invita ad alzarsi. Giuseppe si affida totalmente a lei. Si dirigono verso la tela. Giuseppe e la bimba svaniscono nel nulla, dentro al quadro, come profumo al vento. Subito dopo entrano in chiesa Baldo e i ragazzi, venuti a cercare Giuseppe. Lo Zoppo però non c’è più, svanito come vento nella notte, davanti ai loro occhi soltanto la maestosità del Giudizio Universale. |
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