IL
MERAVIGLIOSO VIAGGIO DI ANTONELLO ANGIOLILLO
Antonello Angiolillo:
artista poliedrico e di grande talento con alle spalle
numerosi anni di teatro ad alti livelli e partecipazioni
televisive. Eclettico anche negli hobby praticati (è free
climber, sub, pratica arti marziali, è tiratore e arciere),
è uno di quelli che sanno fare veramente tutto: recita,
canta, balla, e tutto con la stessa eccellente
professionalità e competenza . E’ stato interprete dei più
grandi musical portati in scena, negli ultimi anni, in
Italia. Oggi è protagonista al fianco di Bianca Guaccero
(sostituita, per problemi di salute, in questa prima tranche
di tournée da Emy Bergamo, che nella scorsa stagione
interpretava Marisa) di Poveri ma Belli, commedia musicale
prodotta da Il Sistina con la regia di Massimo Ranieri,
trasposizione del celebre film di Dino Risi, specchio più
autentico dell’Italia che si risvegliava e aveva voglia di
vivere, nell’immediato dopoguerra.
Incontro Antonello telefonicamente a fine ottobre, alla
vigilia della partenza della nuova tournée di questo
spettacolo già rappresentato con successo nella scorsa
stagione nei teatri più importanti dell’Italia centrale e
meridionale; e che quest’anno toccherà il Nord, con tappa
principale Milano (Teatro degli Arcimboldi) durante le
prossime feste natalizie.
Ciao Antonello, tu vieni da un’ esperienza ventennale in
teatro ed in televisione. Ma quando, e, soprattutto, come
nasce la tua passione per l’Arte? Che studi ha fatto? Ci sono artisti nella tua
famiglia?
Ciao Adriana. Sì, ho una
esperienza ventennale che porto orgogliosamente e
vistosamente sul palmo della mano. Anche se la mia famiglia
non fa parte del mondo dello spettacolo, ci sono stati
comunque molti artisti, come mio nonno, Rocco Paciocco,
poeta dialettale abruzzese, scultore e pittore, o mio zio,
Antonio Paciocco, pittore e fondatore, con altri, del
movimento dell’ Iperspazialismo. Inoltre, in casa, papà ha
sempre cantato così come suo padre, da cui ho ereditato la
voce. La passione per il musical, nello specifico, è nata da
piccolo: guardavo in tv i film musicali insieme a mia madre
(lei li ha sempre adorati!). Gli studi? Tutti! Prima la
danza moderna e poi la danza classica all’Accademia
Nazionale a Roma. Dopo aver iniziato a lavorare ho
continuato a studiare canto e recitazione e ancora oggi
continuo a studiare. Credo che lo studio sia alla base di
una buona riuscita. Ci si può improvvisare per un po’,
vivere di rendita grazie alle doti, ma poi, se vuoi
invecchiare con l’arte, la devi studiare e praticare.
Cosa significa oggi in
Italia essere un attore che ha fatto del musical la propria
professione?
Lavorare duro e fare molta
fatica. L’Italia, e lo dico con il cuore in lacrime, non e’
un paese meritocratico. In ogni settore non va avanti
necessariamente l’elemento migliore e questo atteggiamento
lo pagheremo caro in futuro, quando non avremo più
l’eccellenza, quando i nostri vertici, ripeto, in ogni
campo, ne sapranno meno di coloro che sono alla base della
piramide. Purtroppo in qualche settore ci siamo già
arrivati.
Ti sei cimentato sia nel
musical classico anglosassone (A Chorus Line, Cats) che
nella commedia musicale italiana come quella di Garinei e
Giovannini. A quale di questi due generi ti senti di
appartenere maggiormente?
Ogni spettacolo è a sé e
non mi sento di ridurre tutto ad un genere. Ho amato fare
alcuni musical come ho amato fare alcune commedie. E’ molto
bello andare in scena e fare questo lavoro. Il mio animo è
fortunato!
Qual è il regista o il
collega-attore con il quale hai lavorato che ti ha insegnato
di più? Per esempio, che ricordi hai del grande Pietro
Garinei?
Pietro Garinei lo metterei
fuori dal coro. È stato l’ultimo dei grandi. Dopo di lui, un
certo modo “pulito” di fare teatro è sparito così come anche
un certo modo “pulito” di rispettare chiunque lavorasse in
teatro. Un uomo d’altri tempi che però ha creato i nostri
tempi. Mi manca molto; a me e ai tre miei amici-colleghi del
quartetto G da lui fortemente voluto (n. d .r .la G sta per
Garinei). Tutte le persone che ho incontrato nella mia vita
mi hanno dato qualcosa, registi, attori e non. Devo dire che
Claudio Insegno (che oltre a Francesco, mi ha diretto in
Joseph e Cannibal ) è stato un punto di svolta per me; uno
dei primi che ha creduto nella mia verve comica e non si è
fermato solo all'immagine dell'attore serio e di bella
presenza: mi ha insegnato molto.
Ma come a lui sono legatissimo a Rossana Casale, al regista
Ivan Stefanutti, a Jean Paul Denizon, (assistente di Peter
Brook) mio insegnante di recitazione … e poi Laura Ruocco,
Fabrizio Paganini, Sabrina Marciano… e l’elenco potrebbe
essere molto lungo. Diciamo che sono stato fortunato nei
miei incontri.
Al momento stai
lavorando con Massimo Ranieri che cura la regia dello
spettacolo Poveri ma Belli di cui sei protagonista nel ruolo
di Salvatore, spasimante di Giovanna (che nel film di Risi
era interpretato da Maurizio Arena). Come ti sei trovato ad
essere diretto da lui?
E’ un artista che ha fatto
storia e non è facile confrontarsi con la sua bravura. Come
regista pretende molto dai suoi attori e questo è un bene.
E’ molto pignolo ed è uno stacanovista, ma devo dire che da
buon abruzzese sto al passo con i suoi ritmi.
Ci puoi parlare del
personaggio di Salvatore?
Non c'è molto da dire. Chi conosce il film ricorda questi
due amici: giovani romani trasteverini scanzonati, con tanta
voglia di godersi la vita, stanchi dentro quando bisogna
lavorare ma pieni di vita nel corteggiare le ragazze ed in
particolare Giovanna. Salvatore è così!
E' stato facile immedesimarti in lui? Ti somiglia?
Non credo nell'immedesimazione quindi posso solo dirti che
ho lavorato molto per portare in scena il mio Salvatore.
Certo che mi somiglia, sono io ad interpretarlo! A parte gli
scherzi non sono molto Salvatore io, ma è ovvio che un po'
mi somigli perché l'ho fatto mio e quindi c'è sicuramente
una parte di me.
E tra i personaggi che hai interpretato nel passato, qual
è quello che hai più amato? Forse S. Francesco, nel colossal
di produzione americana messo in scena ad Assisi durante il
Giubileo del 2000?
Sicuramente San Francesco è
stato un ruolo che ha delineato una svolta in me per molti
motivi. E’ stata un’ esperienza unica. Nonostante venissi da
un meraviglioso viaggio in televisione vicino a Paolo Limiti
(dal quale ho imparato moltissimo) e avessi fatto altri
ruoli da protagonista prima, con San Francesco mi sono
ritrovato a lavorare con Vincenzo Cerami, Dante Ferretti e
Gabriella Pescucci senza contare tutti gli altri: lavorare
con tre premi Oscar contemporaneamente non credo capiti così
spesso. Altro ruolo a cui sono legato è Bobby di “Company”.
In realtà poi tutti sono rimasti, in piccole parti, dentro
di me.
Qual è il ruolo che
ancora non hai interpretato e che sogni da sempre?
Fino a qualche tempo fa ti
avrei detto Marius. Ora, crescendo, ti dico Jean Valjean.
Entrambi ruoli de Les Misérables, che adoro.
Tu sei cantante, attore,
ballerino, musicista: quale tra questi è il mestiere che
senti più tuo?
In questo momento mi sento
molto a mio agio con il canto e sta prendendo sempre più
piede dentro di me il gusto del recitare. In realtà, però,
la risposta esatta alla tua domanda è: mi sento a mio agio
nel mestiere dell’esprimermi. Non c’è necessariamente un
modo standard. Il modo cambia in base alle situazioni in cui
ti trovi; quindi ogni spettacolo può regalarti un piacere
maggiore in una o nell’altra arte.
Fra le tue ambizioni c’è
il fare cinema? Pensi che il cinema italiano con i suoi
mezzi, oggi, sia in grado di portare il musical sul grande
schermo, così come avviene da sempre in America?
Si sarei felice di fare
cinema, ma torniamo al discorso di prima. Non è facile,e non
entro nel merito, ma ci si prova. Comunque continuo in
teatro che mi ha visto nascere e le soddisfazioni non mi
mancano devo dire. In Italia ci sono i mezzi umani per fare
tutto, sono solo impiegati nei settori sbagliati. Come dire:
ognuno dovrebbe fare il proprio lavoro!
Alla luce della tua
esperienza ti chiedo: cosa vorresti consigliare a un giovane
che vuole intraprendere la carriera teatrale?
Sii onesto con te stesso e
non seguire solo una moda. Lotta fino in fondo per ciò in
cui credi, ma cosciente di essere in grado di fare ciò per
cui lotti. E studia, non ti improvvisare. Prima devi sapere
che non è un mestiere facile. E’ come per i concorsi: si
presentano 8000 persone per soli 20 posti a disposizione.
Come recitava la canzone di Morandi “uno su mille ce la fa”.
Quell’uno su mille potresti essere tu ma devi conoscere a
cosa vai incontro.
I tuoi progetti
dell’immediato futuro?
Beh, nell’imminente la
ripresa di Poveri ma Belli e subito dopo, da fine gennaio a
primavera un paio di altre cose molto interessanti, sempre
in teatro. Una è al fianco di Francesca Taverni che stimo
tantissimo e con la quale lavoro sempre benissimo. E per
l’altra sarò di ritorno ad Assisi per un po’ ma non ti dico
altro (non c’entra Francesco).
(N.d.r. lo spettacolo si chiamerà con molta probabilità “Mi
chiamo Eva” e vedrà impegnato Antonello al Lyrick Theatre
nel prossimo mese di maggio).
Un’ultima domanda. Tu sei abruzzese: qualche aggettivo
per definire la tua bella regione ed invitare noi tutti a
visitarla, soprattutto dopo l'immane tragedia che l'ha
colpita nell'aprile scorso.
Beh, come definiti da D’Annunzio gli abruzzesi sono Forti e
Gentili e così la regione in cui vivono.
Io sono molto legato alla mia terra: ha il mare e l’alta
montagna, bella gente e buon cibo, arte e cultura, ed anche
qualche ladruncolo (ma questo ci accomuna con tutte le altre
regioni) …cosa volere di più?
Ciao e vi aspetto in Abruzzo per chi volesse venire. Magari
mi troverete attaccato a qualche falesia a Roccamorice o in
cerca di lupi e orsi da fotografare nel Parco Nazionale!
Enza Adriana Russo
Intervista rilasciata nell'ottobre 2009, versione integrale dell'intervista pubblicata
da Kleos, diretto dal dottor Antonino Bencivinni, in data 12
dicembre 2009. |