LES MISERABLES SCRIVE LA STORIA DEL MUSICAL
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“32
anni fa mi chiedevo se Les Miserables fosse un
soggetto appropriato per un musical”. È un Alain
Boublil commosso e frastornato che prende la parola
dopo una serata storica per il teatro musicale. Si
celebra il 25° compleanno di Les Miserables, il
musical più longevo in assoluto, il successo dei
successi, un capolavoro di emozione, talento, show
business, performance, composizione. E la parola
giusta è “compleanno” perché gli anniversari si
tributano agli show ormai finiti, magari
rispolverati in revival o ricordati dalle vecchie
glorie del palcoscenico. Les Miserables no. Les Mis
è vivo e pimpante come non mai. “Is 25 years young”
, chiosa il papà Cameron Mackintosh, ancora più
emozionato. Da quell’8 Ottobre 1985 che vide il suo
entusiasmante – anche se stroncato da una critica
miope – debutto al Barbican di Londra, lo show ha
sempre macinato 8 repliche a settimana senza
interruzione, spostandosi subito al glorioso Palace
Theatre e nel 2004 all’attuale sede, il Queen’s. E
dire che un esperto come Lloyd Webber aveva
battezzato troppo in fretta la scarsa qualità di un
musical a suo dire destinato alla chiusura,
addirittura togliendo la fiducia a Trevor Nunn già
incaricato per il suo Phantom. Ed è proprio al
Barbican che Les Mis sono ‘tornati a casa’ nel terzo
degli appuntamenti di questo incredibile week-end
“di totale Miseria” come ironizza Mackintosh
nell’annuncio di sala. Una produzione nuovissima,
che rinuncia allo storico palco girevole per trovare
nuove interessanti soluzioni sceniche ispirate ad
alcuni semisconosciuti quadri dello stesso Victor
Hugo, che fanno da sfondo e colorano di nuove
sfumature la storia trascinante e modernissima del
forzato Jan Valjean, braccato dal poliziotto Javert,
che riesce a trovare un riscatto all’ingiustizia e a
costruire un futuro per la figlia adottiva Cosette,
il tutto sullo sfondo dei moti rivoluzionari degli
studenti parigini dell’insurrezione repubblicana del
Giugno 1832. |
La compagnia di questo tour è
letteralmente dominata da John Owens Jones, uno dei Valjean
più convincenti della storia, capace di giovanile energia e
di matura riflessione, forza e tenerezza, potenza vocale e
capacità di emozionarsi ed emozionare. Tanto che gli altri
componenti del cast quasi faticano a tenergli testa, e solo
l’Eponine di Rosalind James si fa notare in maniera
particolare, anche perché nella replica alla quale abbiamo
assistito Earl Carpenter era sostituito nel ruolo di Javert.
In ogni caso un allestimento di grande spessore, specie
nella cornice del Barbican, un vero e proprio tempio del
teatro che oltre alla nascita di Les Mis ha ospitato nella
sua storia molti eventi, specie di prosa.
Ma in verità per rintracciare
i primi segni di vita dell’avventura Miserables bisogna
andare a trent’anni fa, e spostarsi a Parigi, Palazzo dello
sport, Settembre 1980. Il compositore Claude-Michel Schönberg aveva intrapreso questa avventura su input del
liricista e librettista Boublil, che aveva avuto la
folgorante – e folle – idea vedendo apparire Artful Dodger
nel musical 'Oliver', ladro-bambino subito associato allo
‘scugnizzo’ parigino Gavroche. Lo spettacolo è un successo,
le repliche durano tre mesi ma soltanto dopo cinque anni, il
provvidenziale incontro con Mackintosh e l’adattamento delle
liriche da parte dello scrittore e critico Herbert Kretzmer
Les Mis assumerà la sua forma attuale. Dopo 30 anni lo
spettacolo nella sua forma inglese torna in una arena, l’O2
di Londra in una serata indimenticabile.
Entriamo nell’impressionante
catino dopo una lunga coda e scopriamo che è gremito in
tutti gli ordini di posti (la capienza dell’O2 è di circa
23.000 persone…). Sullo sfondo appare l’ampio palco con
alcuni elementi scenografici ispirati al set originale,
dietro ai quali ha già preso posto l’orchestra di cinquanta
elementi, in parte nascosta da alcune enormi americane luci,
anch’esse scenografate con alcuni listelli anticati. A
sovrastare il palco un enorme maxischermo diviso in tre
parti, con al centro il celeberrimo logo di Cosette bambina
e ai lati le date dell’anniversario: 1985 e 2010. I tre
colori di sfondo – ça va sans dire – formano la bandiera
francese.
Dopo un breve trailer che presenta i numeri storici del
successo planetario del musical, andato in scena pressoché
dovunque tranne - ahinoi - in Italia, ecco le inconfondibili
note del Prologo. Ed è subito un colpo al cuore: l’orchestra
è sensazionale e la qualità sonora non ha nulla della
freddezza agorafobica dei concerti in ampi spazi, ma sembra
di essere in un teatro d’opera. E all’opera si pensa subito
sentendo la potente voce da tenore di Alfie Boe, già Alfredo
nella Traviata di Baz Luhrmann a Broadway. A lui vanno gli
applausi più convinti della serata (interminabili dopo Bring
Him Home), e a lui va riconosciuto il merito di essersi
perfettamente calato nello stile canoro da musical,
nonostante forse avremmo preferito Owens Jones per maggiori
capacità interpretative, ma per la dimensione concerto si è
rivelato una scelta molto azzeccata.
Ma il vero colpo di scena
avviene quando, alzatesi le americane di cui sopra, appare
il coro (più di 159 elementi, a cui si deve aggiungere la
compagnia di quasi 70 persone a interpretare i vari ruoli,
più l’orchestra, in tutto più di trecento persone sul
palco!!), che anch’esso ricordava la bandiera francese
grazie alle t-shirt in tre colori. Quando irrompe la vera e
propria apertura dello spettacolo, “At the End of the Day”
tutta l’arena è investita da un’onda sonora da far tremare i
polsi e si entra in una delle più emozionanti partiture mai
scritte, che ha nell’efficacia drammaturgica delle liriche e
del libretto un perfetto contraltare alla bellezza delle
melodie, alla costruzione di personaggi coinvolgenti, alla
creazione di numeri qua spassosissimi (Master of The House)
là travolgenti (One Day More) e indimenticabili anche nei
recitativi più narrativi.
Nel cast stellare brilla di
luce propria la Fantine di Lea Salonga, che avevamo avuto il
piacere di vedere anche a Broadway, la cui purezza vocale è
paragonabile solo all’intensità della sua interpretazione.
Ramin Karimloo, fresco del successo riscontrato come
Fantasma dell’Opera nel musical lloydwebberiano come nel
sequel 'Love Never Dies', è un Enjolras energico e perfetto.
La Cosette di Katie Hall, che fa parte del cast visto al
Barbican, è piena di giovanile freschezza, grintosa Samantha
Barks nei panni di Eponine (da brividi la sua On My Own) e
irresistibile Matt Lucas, volto noto della TV inglese, un
Thenardier dai tempi comici svizzeri e dalle sorprendenti
doti vocali affiancato dall’irresistibile Jenny Galloway,
Madame Thénardier. Norm Lewis interpreta la parabola di
Javert con determinata lucidità, una delle performance che
lasciano più il segno.
Non mancano le scelte di casting discutibili: non potevano
proprio risparmiarcelo il divetto Disney Nick Jonas? Dotato
di capacità canore impalpabili, sussurra per tutto il
concerto per riscattarsi solo in parte in “Empty Chairs at
Empty Tables” e regolarmente Gavroche (l’incredibile Robert
Madge) gli impartisce lezioni di potenze ed energia. Ma si
sa, nelle feste di Compleanno c’è sempre qualcuno che viene
invitato perché porta le ragazze…
Terminata la parte canonica del concerto l’arena si apre
alle emozioni più attese: il cast del debutto londinese di
25 anni fa, Colm Wilkinson e Michael Ball in testa, si
uniscono ai cast attuali in un’interpretazione a più voci,
vibrante e nostalgica, di “Bring Him Home” (interpretata dai
quattro Valjean) e “One Day More”, lasciando letteralmente
senza fiato le decine di migliaia di fan. A loro, e a tutti
coloro che hanno reso possibile questa creazione artistica
senza precedenti, si rivolgono gli autori e Cameron
Mackintosh, che promette di esserci quando, tra 5 lustri, si
festeggeranno le nozze d’oro.
Se dopo 25 anni lo spettacolo riesce ancora a emozionare con
tanta intensità, non si può che prevedere ancora una
lunghissima vita a uno show che ha saputo entrare nella
cultura contemporanea lasciando un’impronta indelebile e una
scia di successo che non accenna a esaurirsi, forte di un
messaggio di fraternità e di giustizia ben riassunto nelle
liriche finali, che risuonano nelle nostre orecchie mentre
lasciamo l’arena:
The chain will be broken and all men will have their
reward. Will you join in our crusade? Who will be strong and
stand with me? Somewhere beyond the barricade is there a
world you long to see? Do you hear the people sing? Say, do
you hear the distant drums? It is the future that they bring
when tomorrow comes! Tomorrow comes!
Le catene saranno spezzate e ogni uomo avrà la sua
ricompensa. Ti unirai alla nostra crociata? Chi sarà forte e
rimarrà al mio fianco? Da qualche parte oltre le barricate
c’è un mondo che desideri vedere? Lo senti che la gente sta
cantando? Dimmi, li senti i tamburi lontani? E’ il futuro
che porteranno quando sorgerà il domani! Il domani sorgerà!
Franco Travaglio
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