FLASHDANCE: WHAT A FEELING!
“Quando l’emozione è troppo forte per recitare, si comincia
a cantare. Quando è troppo forte anche per il canto, si
comincia a ballare.” Questa citazione, che riassume al
meglio le dinamiche alla base di tutto il teatro musicale,
sembra scritta in particolare apposta per Flashdance. Nel
musical, ispirato all’omonimo film del 1983 e prodotto in
Italia da Stage Entertainment, la danza è la protagonista
assoluta. La storia della giovane operaia Alex, che di notte
balla in un locale mentre sogna di essere ammessa in una
prestigiosa scuola di danza, sono in primo luogo le
coreografie (firmate Gail Davies) a raccontarla. Dai numeri
accattivanti ed acrobatici proposti dalle “flashdancers” nei
locali notturni all’energia pura dell’assolo finale di Alex
per la prova di ammissione, la danza si fa veicolo potente
di emozioni, arrivando a dominare la scena, come nella
sequenza, solo strumentale, dell’”Incubo”.
Ad accrescere la travolgente forza espressiva della danza
sono le musiche di Robbie Roth. 12 brani originali, composti
per la versione teatrale, si affiancano a 5 canzoni tratte
dal film, tra cui le celeberrime “What a feeling” e “Maniac”
(le liriche italiane, firmate Franco Travaglio, mantengono i
ritornelli di entrambi i brani parzialmente in inglese, in
sintonia con l’ambientazione americana e l’atmosfera anni
’80 dello spettacolo) e “Gloria” (con adattamento delle
liriche originali di Umberto Tozzi).
La storia portata in scena è semplice, ma della semplicità
fa la sua arma vincente: in Alex e nel suo percorso di
crescita al termine del quale trova la forza di mettersi in
gioco e provare a realizzare il sogno della sua vita ogni
spettatore si può identificare. Più in generale la tematica
della realizzazione di sè, della ricerca spesso difficoltosa
e non sempre felice della propria strada, trova espressione
anche in figure solo apparentemente secondarie del musical:
nell’amica di Alex, Gloria, che si ritrova a doversi
spogliare in un night club per aver creduto alle false
promesse di una carriera televisiva da parte di due
malavitosi; nel disperato Jimmy, che, visti stroncati i suoi
sogni hollywoodiani, finisce col compiere un gesto estremo.
Il tutto arricchito da una giusta dose di romanticismo ed
erotismo.
La trasposizione del film sulla scena convince: grazie alle
scenografie di Alessandro Camera (la riproduzione
dell’acciaieria in cui lavora Alex all’inizio del primo atto
e la spettacolare lap-dance fra le lettere cubitali del
locale a luci rosse “Devil’s”, opening number del secondo
atto, per citare due esempi), ai costumi di Francesca
Schiavon (a titolo rappresentativo, il body scintillante
indossato da Alex nel famoso numero con la sedia), alla
regia di Federico Bellone (basti citare i rapidi cambi a
scena aperta nella sequenza di “appuntamenti” fra Alex e il
protagonista maschile Nick- Manhunt- e gli stranianti passi
a due fra operai dell’acciaieria e ballerine della scuola di
danza nella già citata scena dell’”Incubo”). Ma grazie anche
e soprattutto all’affiatamento del cast e all’altissimo
livello di professionalità di performer che a buon diritto
si possono definire “all-rounders” (ugualmente “capaci”
nelle tre discipline, canto, danza e recitazione). A
cominciare dalla protagonista, la bella Simona Samarelli,
che incanta nelle scene di ballo e sa convincere in quelle
recitate e cantate. Ottima la chimica tra le altre “flashdancers”,
Chiara Vecchi, Daniela Pobega e Giada D’Auria, in
particolare nei passi a tre cantati di Manhunt. Giada D’Auria
(Gloria) s’impone per la voce graffiante e l’interpretazione
intensa, Barbara Corradini (nel ruolo della madre di Alex,
Hannah) per la limpida vocalità, Massimiliano Pironti
(Jimmy) per il talento versatile, e, infine, Filippo
Strocchi (Nick) per la presenza scenica e l’espressività
vocale, con cui riesce a dare spessore alla figura
relativamente marginale del co-protagonista maschile.
Flashdance ha debuttato lo scorso 10 dicembre al Teatro
della Luna a Milano, dove rimarrà in scena fino al 23
gennaio 2011, prima di essere portato in tour in diverse
città italiane. Benché concepito come “produzione in tour”,
il musical presenta un livello qualitativo degno dei
migliori long running shows, non rinunciando, ad esempio, al
sound dell’orchestra dal vivo, e riuscendo a far ballare
anche il pubblico in sala.
Valeria Rosso
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